Milano in comune - Sinistra e costituzione

ARTICOLI 2020/3-4

SCUOLA E FASE 2 DELL’EMERGENZA COVID-19 di Luciano Bagoli

Nel DPCM del 27 aprile c’è una serie di norme e di indicazioni comportamentali atte a permettere la riapertura di alcune attività, consistenti essenzialmente nel lavoro produttivo e commerciale.
Alla lettura del Decreto si comprende bene come il Governo sia stato costantemente sollecitato dalle categorie forti del Paese, mentre permangono le restrizioni per molti, tra i quali il mondo della scuola.
Pur comprendendo le precauzioni per bambini e giovani e, specialmente, per gli adulti della scuola (non dimentichiamo che abbiamo il corpo docente più vecchio al mondo), sarebbe stato corretto che i provvedimenti riguardanti la scuola fossero ben ponderati alla luce di una serie di elementi di analisi che probabilmente avrebbero portato il Governo a scelte diverse. Cerchiamo di osservare alcuni di questi elementi.
In merito ai soggetti a rischio, i dati a disposizione ci informano che i bambini sono molto meno attaccabili dal Covid-19 rispetto agli adulti e che, nel caso in cui fossero contagiati, i rischi sarebbero pressoché zero. L’Istituto Superiore di Sanità ci comunica il seguente tasso di letalità rispetto al totale delle persone positive al tampone (aggiornato al 27/4):

ETA’ N° DECEDUTI LETALITA’
0 – 9 2 0,1 %
10 – 19 0 0 %
20 – 29 8 0,1 %

A seguito dell’analisi dei dati acquisiti giorno per giorno, l’ISS ha determinato che i giovani e i giovanissimi sono molto meno colpiti dagli adulti e in modo pressoché non letale.
Il rischio rimane per gli adulti e l’Italia ha il personale scolastico più vecchio al mondo. Le età medie degli insegnanti sono le seguenti (riferito al 2018): Scuola dell’infanzia, 50 anni e 8 mesi; scuola elementare, 50 anni e 1 mese; scuola media, 51 anni; scuola superiore, 52 anni e mezzo.
Per gli adulti si ha un tasso di letalità rispetto ai positivi al tampone dello 0,3 % tra i 30 e i 39 anni, dello 0,9 % dai 40 ai 49 anni e del 3,6 % tra i 50 e i 59 anni. Si deduce che il rischio sarebbe piuttosto elevato proprio nella fascia d’età dei nostri insegnanti e quindi sarebbero loro i soggetti più a rischio. Le precauzioni legate alla letalità riguarderebbero quindi più gli adulti che i bambini.

Il nostro Governo avrebbe dovuto inoltre tenere in seria considerazione i danni derivanti dalla lontananza da scuola per i più giovani. E allora analizziamo i problemi legati alla didattica, sulla quale si sono maggiormente incentrate le attenzioni di media e genitori.
Fin dai primi giorni s’è parlato, per lo più a sproposito, di didattica a distanza quale straordinario mezzo sostitutivo delle lezioni in aula, con un’esaltazione dei vari strumenti elettronici atti allo scopo. Il Governo ha persino regalato dei tablet agli studenti meno abbienti (vuol dire senza mezzo elettronico).
In realtà la didattica a distanza ha presentato numerose e serie falle organizzative scolastiche e famigliari, e gravi controindicazioni per l’età evolutiva. Un elenco, incompleto, di questi problemi:
– i più giovani non possono o non sanno utilizzare il computer o il cellulare; occorre sempre la presenza di un adulto
– molti genitori non sanno usare il computer
– in una famiglia spesso ci sono diversi figli che dovrebbero usare contemporaneamente lo strumento
– a seguito del punto precedente, in una famiglia sarebbero necessari più mezzi elettronici (o gli insegnati dovrebbero organizzare le lezioni in modo da permettere a tutti i figli di seguire)
– spesso ci sono i genitori che devono usare il computer per lavoro
– in diverse aree del Paese non c’è un collegamento adeguato
– molte famiglie di immigrati sono in serie difficoltà sia economiche, sia linguistiche
– non è possibile tenere i ragazzi 4 – 5 ore al giorno davanti al computer, come se fossero a scuola nelle lezioni normali, ore alle quali potrebbero aggiungersi quelle per i compiti e, perché no, i giochi elettronici (l’uso dei giovani di questi mezzi già superava le sei ore al giorno)
– il computer (cellulare, TV, playstation) è dannoso per lo sviluppo cognitivo dei bambini (The Lancet, 26 sett. 2018 – Associations between 24 hour movement behaviours and global cognition in US children: a cross-sectional observational study) e dovrebbe essere utilizzato il meno possibile
– il computer (cellulare, TV, playstation) è dannoso per lo sviluppo e la salute fisica dei bambini e lo sviluppo delle loro abilità

Se sommiamo tutti questi elementi si comprende facilmente che una didattica a distanza efficace possa essere stata effettuata in minima parte per scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado.

Inoltre, possiamo ben immaginare che i problemi e i rischi elencati si differenzino socialmente in modo piuttosto marcato in relazione alle aree del paese e in relazione ai quartieri delle città e che queste differenze tendano ad accentuarsi con un lungo periodo di isolamento in ambito famigliare.

Per quanto riguarda i bambini della scuola dell’infanzia e in parte della primaria, la lontananza dalla scuola produce danni di diversa natura: cognitivi, relazionali della personalità. I genitori non sono in grado di sostituire le maestre in tutti i percorsi pedagogici che si attivano nella scuola: apprendimento delle prime regole comportamentali, sviluppo della socialità e delle relazioni affettive, apprendimento della lingua e delle prime abilità logiche e matematiche, sviluppo del lessico, apprendimento delle prime dimensioni spazio-temporali, sviluppo delle abilità e delle coordinazioni motorie.
I genitori costretti a lavorare a casa non possono prestare attenzione ai bambini per i quali ciò potrebbe rappresentare una frustrazione. Considerato inoltre che in molti casi si ha un incremento delle tensioni famigliari è facile comprendere che l’insieme possa causare seri riflessi sullo sviluppo della personalità dei bambini.
Non va dimenticato, infine, che i bambini hanno bisogno di almeno due ore al giorno di attività ludico-motoria, che per larga parte dell’anno era svolta nella scuola.
Da tutti questi fattori emerge quanto sia importante riaprire al più presto almeno le scuole dell’infanzia e primaria.

I problemi di ordine tecnico delle scuole italiane dovrebbe essere ben conosciuti dal Ministero dell’Istruzione (che in realtà ci risulta che non conosca lo stato tecnologico delle scuole) e ai ministri che si sono succeduti negli anni dell’era digitale.
Anche i problemi pedagogici dovrebbero essere conosciuti dal Ministero che dovrebbe avere l’obbligo di informare e formare i genitori in merito.

Nella scuola secondaria la didattica a distanza può sostituire parzialmente il lavoro in classe, ma presenta problemi di ordine diverso rispetto alla scuole primaria e dell’infanzia. Vengono a mancare alcuni elementi fondamentali della qualità dell’insegnamento: mancano il confronto educativo diretto, il dibattito che si deve sviluppare in classe, la riflessione collettiva, le dinamiche educative e didattiche che portano ad alzare l’interesse per le culture e l’apprendimento delle discipline, in merito alle quali non dobbiamo dimenticare che al termine del corso di studi superiori gli studenti devono essere muniti di conoscenze sufficienti per proseguire proficuamente gli studi all’università o inserirsi nel mondo del lavoro nel quale, da tecnici, devono assumersi delle responsabilità.
Inoltre, dalle comunicazioni di molti insegnanti e dalla cronaca, si sa della disaffezione allo studio causata in molti studenti dalla situazione frustrante. E’ alta la percentuale di giovani delle scuole superiori che, già abili nell’uso dello strumento, non seguono le lezioni online, ma accendono il computer e fanno altro.
E le verifiche sono sempre una farsa, non è possibile effettuare con il dovuto impegno e i dovuti modi quelle straordinarie prove con sé stessi quali i temi e le versioni, per non parlare dell’analisi delle cosiddette “competenze”. A ciò si aggiunga che negli Istituti tecnici e professionali, nei licei artistici e coreutici, mancano le attività pratiche e di laboratorio.
La Scuola non va confusa con l’Università, dove le lezioni in aula poco differiscono da quelle online e lo studio è quasi totalmente autonomo.
E’ evidente che chi esalta le magiche possibilità educative e formative della didattica a distanza per i giovani non conosce veramente cosa sia la Scuola. Va da sé che la didattica a distanza possa solo minimamente sostituire il lavoro dell’insegnante in aula.

Dal quadro sopra descritto emerge la necessità di far ripartire al più presto le scuole dell’infanzia e primarie, avendo la cure di garantire che:
– tutte le scuole siano munite degli strumenti necessari per proteggere bambini e personale scolastico
– Che venga effettuato quotidianamente il controllo dei bambini e degli adulti da personale sanitario messo a disposizione delle scuole
– Che siano acquisiti i dati degli eventuali contagio a livello famigliare

Con grave ritardo, a quasi due mesi dello stato di emergenza il Ministero ha convocato un Comitato di esperti allo scopo di “mettere a punto il nostro piano del mondo della scuola”. Ancora una volta i nodi della scuola italiana vengono al pettine: la non conoscenza della scuola da parte di chi dovrebbe dirigerla, le incompetenze, la mancanza di personale, i cronici ritardi, che provocano danni enormi a generazioni di studenti.
Conoscendo lo stato di abbandono nel quale versa la scuola italiana, non ci meraviglia, quindi, che a due mesi dallo stato di emergenza il Ministero dell’Istruzione non abbia ancora elaborato gli strumenti da attivare per poter riprendere con le attività didattiche.
Auspichiamo che i pedagogisti, gli psicologi, i medici presenti nel Comitato sappiano dare indicazioni per la ripresa rapida delle attività della scuola dell’infanzia e primaria.

Auspichiamo infine che lo Stato abbia compreso che il futuro del Paese dipende dalla qualità della sua scuola e che torni quindi a investire seriamente sulla formazione.

Luciano Bagoli