Caro Giovanni, la tua sollecitazione per un commento sul documento di MIC mi fa piacere: sono da molto tempo, preoccupato sia per l’andazzo della giunta Sala, delle forze a sinistra del PD e della conseguente possibilità che la destra completi in Lombardia e segnatamente a Milano la conquista di tutte le posizioni istituzionali.
Condivido buona parte dell’analisi a cui aggiungerei che considerazioni simili sono state fatte da tempo da Arcipelago Milano che ignoro se abbia partecipato alla discussione che ha portato al documento di MIC.
Ricordo anche il progetto Navigli, per fortuna finito in un nulla di fatto, che aveva una base finanziaria ancor più fantasiosa dei progetti citati nel documento: i conti tornavano in quanto si computavano nei “ricavi” gli incrementi di valore delle aree e degli immobili interessati dal progetto. Soldi del Monopoli a fronte di costi da coprire cash da parte del bilancio comunale e comunque realizzabili solo dai proprietari delle aree e degli immobili coinvolti.
La torsione del PGT e l’apparire di progetti come i Navigli viene attribuita dal documento al peso degli oneri derivanti dalla realizzazione delle due nuove linee della metropolitana, M4 e M5, per cui il Comune ha e avrà una continua necessità di trovare risorse finanziarie per lungo tempo, 230mila euro all’anno per 23 anni con un conto finale di 5.290 Mln di euro.
Questa faccia nascosta del “modello Milano” è completamente ignota ai cittadini e viene ignorata dai media, anche se temo che all’approssimarsi della scadenza elettorale verrà ampiamente propagandata dalla destra.
Il modello attuale di città ha un secondo effetto a medio e lungo termine: la somma delle scelte urbanistiche, di trasporto e dei grandi eventi prefigura una ipoteca grave nei confronti di una possibile evoluzione della città verso scelte che vogliano affrontare seriamente i problemi derivanti dal riscaldamento globale.
In sostanza se vanno in porto progetti sugli scali, sul trasporto e sui grandi eventi i giochi sono fatti per un tempo futuro non determinabile ma non breve.
Beppe Sala appare spesso con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo la quale ha in mente un progetto chiamato quartieri 15 minuti (la ville au quart d’heur) che immagina di creare quartieri nei quali le esigenze della vita quotidiana si possano soddisfare spostandosi a piedi o in bicicletta col tempo massimo appunto di 15 minuti. Non mi interessa ora discutere la bontà del progetto parigino o la sua applicabilità a Milano bensì l’orizzonte di proposta che sottende il progetto.
Assieme all’estensione del telelavoro è un approccio per ridurre drasticamente il traffico veicolare: la transizione alla mobilità elettrica che, in molti sperano possa rappresentare una cura per l’inquinamento dell’aria, ha tempi molto lunghi e costi elevati oltre a presentare il problema dello spazio fisico delle auto: elettriche o meno non possiamo coprire tutta la superficie della città con automobili.
Il progetto del nuovo stadio di San Siro è probabilmente figlio della stessa necessità di un continuo flusso di risorse finanziarie: in questo caso con l’aggravante che all’inizio lo stesso Sala non pareva favorevole al progetto presentato dalle due squadre poi col passare del tempo e sotto la pressione dei due club di football la posizione si è ammorbidita fino ad accettare la ridicola proposta di un moncone del Meazza conservato per memoria come un rudere romano.
Si può solo concludere che la giunta Sala non ha la possibilità e/o la volontà di intraprendere una visione della città che non sia quella che un tempo si chiamava urbanistica contrattata.
Il caso dello stadio è particolarmente significativo perché può rappresentare uno scivolone su cui Sala si gioca la rielezione e nonostante questo ha dovuto cedere agli interessi sportivo-immobiliari. Dobbiamo salvare il soldato Sala, anche da se stesso?
A proposito della gestione degli interventi di edificazione a Milano segnalo su Arcipelago Milano l’intervento di A. Roccella (
https://www.arcipelagomilano.org/archives/54907).
Riguardo a Milano Metropoli Regionale fatico a comprenderla perché inizia affermando che ci sono troppe competenze intrecciate nel governo del territorio e poi ne aggiunge una ulteriore di cui non so valutare la possibilità di venire realizzata.
Non sono esperto delle possibilità istituzionali lasciate aperte dalla riforma del titolo V° e non so se questa, la metropoli regionale, sia in qualche modo contemplata (non mi risulta) ma sono processi che avrebbero comunque tempi lunghi in una regione poi che è governata da forze campioni del centralismo regionale, quindi quali sarebbero i promotori?
E’ certamente vero che l’abolizione delle provincie è stata realizzata in modo amministrativamente surreale e ha provocato guai in ogni regione italiana: d’altra parte le città metropolitane e segnatamente quella di Milano sono dei gusci vuoti irrilevanti. E dunque qual è il senso della proposta?
Una battaglia alle elezioni comunali con l’obiettivo di creare un nuovo ente istituzionale? Eletto su quali basi territoriali? Forse bisognerebbe aver partecipato alla discussione per comprendere la logica ma al momento non saprei proprio immaginare quale messaggio si possa costruire su questa base.
[Commento di Francesco Graziani – Milano, 26/2/2020]